La caduta dell'Uomo Ragno

05.03.2019 16:48 di  Manuel Listuzzi   vedi letture
La caduta dell'Uomo Ragno
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© foto di Federico Gaetano

Si vede raramente nel mondo del calcio una parabola così rapida come quella di Walter Zenga sulla panchina del VeneziaMestre. Accolto il 12 ottobre da salvatore della patria, l’uomo che avrebbe cambiato le sorti di un’annata partita molto male sotto la guida di Vecchi, saluta la laguna solo cinque mesi più tardi dopo una serie di prestazioni imbarazzanti ed un crollo vertiginoso fino al quart’ultimo posto in classifica.

Il percorso del tecnico milanese sembra scritto chiaramente negli occhi del presidente, entusiasta e sicuro della propria scelta fino a Natale, per poi mutare sempre di più verso l’insofferenza ed il totale disappunto delle ultime settimane. Una strada che era iniziata con i migliori auspici impattando a Palermo e con il Verona per poi ritrovare l’importantissimo successo di Cremona. Una squadra che sembrava finalmente rianimata da una lunga apatia, capace di trasformarsi in una formazione tenace e compatta, seppur evidentemente scevra di grosse individualità.

L’impatto dell’uomo ragno è stato al solito fragoroso, fin dalla sua presentazione infatti le sue parole ritraevano un uomo in linea con il carismatico personaggio che si ci aspettava, in particolare quando ha optato per la virtuale tirata d’orecchi a Pinato, colpevole di un avvio di stagione al di sotto delle attese. Il carisma di Zenga si è visto fin dai primi allenamenti, e le parole al miele nelle dichiarazioni dei suoi giocatori sembravano essere il segnale di una squadra tornata a remare convinta nella stessa direzione.

Il match con il Brescia capolista e battuta nonostante l’inferiorità numerica è apparsa come l’inizio di una nuova stagione per gli arancioneroverdi, con un Penzo che aveva ritrovato un po’ di numeri ed entusiasmo. In piazza Ferretto per le feste natalizie, la curva aveva addirittura omaggiato il tecnico con un coro personale, mentre il presidente Tacopina prometteva alla folla nuovi sogni di playoff ( e serie a in meno di due anni..). Da dietro il suo immancabile telefonino, la smorfia di Zenga di quella serata è l’ultimo ricordo felice di un tecnico che da quel momento ha perso il contatto con la sua gente, e la sua squadra.

Non è chiaro cosa si sia rotto in quelle settimane, ma dalla sfida interna e dominata dal Cosenza, la truppa unionista s’è avviluppata su se stessa, in un processo auto depressivo culminato con quest’ultima, amarissima, settimana. Voci parlano di incomprensioni sul mercato, altre di differenza di vedute con il patron, ma è chiaro come pure la distanza con la tifoseria abbia avuto il proprio peso.

Afecionados unionisti che erano passati in pochi mesi da un tecnico amatissimo e sempre disponibile al contatto, alla beneficienza ed a vivere in pieno il tessuto cittadino, ad un altro che dipingeva esclusivamente tramite i social il suo amore per la città ma che poi non è mai riuscito ad integrarsi con la gente che avrebbe dovuto sostenerlo. Tra le sue grosse colpe anche un atteggiamento con la stampa sempre più irrequieto e irritante, ed i suoi continui attacchi a colleghi ed organi federali hanno aumentato la poca simpatia attorno alla sua figura.

Nel momento più difficile della storia recente di questo club si è palesata anche una complicata gestione del gruppo sia dal punto di vista psicologico, quando la squadra è stata accusata di essere presuntuosa e poco concentrata, sia da quello tecnico; la ricerca continua di un modulo e di un undici che potesse dare garanzie infatti ha terminato per gettare il VeneziaMestre in una mancanza di organizzazione palese, da ogni punto di vista. La scelta di Cosmi in questa ottica è probabilmente la più sensata per una compagine che dovrà ritrovare compattezza e serenità partendo dalle cose più semplici e lineari.

Ma la pietra tombale a questo rapporto fiorito e poi appassito in così poco tempo, a mio parere, sono state le parole dell’ex portiere riguardo ad un suo possibile esonero, quando ha manifestato alla città intera la sua scarsa motivazione ed il suo flebile legame a questi colori, come se effettivamente restare o meno sulla panchina della nostra squadra del cuore a lui non interessasse poi così tanto.

Dispiace dover salutare un tecnico sicuramente esperto e di caratura, un allenatore capace nella sua carriera di ottenere grossi risultati e degno di esser ricordato come un vincente in diverse parti del mondo. Ma questo VeneziaMestre aveva senz’altro bisogno di una scossa, di una cura che vada ben al di là dell’effetto placebo che è stato Walter Zenga.