Maniero: "Con Recoba abbiamo fatto divertire Venezia, la lingua della squadra era il dialetto veneto"

16.12.2018 09:00 di Davide Marchiol   vedi letture
Fonte: https://gianlucadimarzio.com/it/filippo-maniero-venezia-98-99-intervista-oggi-recoba-storia-squadra
Maniero: "Con Recoba abbiamo fatto divertire Venezia, la lingua della squadra era il dialetto veneto"

Filippo Maniero è stato raggiunto dal sito di Gianluca Di Marzio per una lunga intervista (clicca qui per l'intervista completa) sui sul suo passato arancioneroverde, un avventura dagli inizi meno felici di quanto sarà poi: “Siamo partiti malissimo, come squadra e anch’io personalmente. Non riuscivo a fare gol, né a dare il mio contributo. Così i tifosi cominciavano a mormorare, il fatto di essere padovano portava poi ancora più diffidenza nei miei confronti. -El xe proprio padovan-, mi ricordavano quando giocavo male".

È con l'arrivo di Recoba a gennaio che le cose cambieranno: “Con l'arrivo di Recoba le cose sono cambiarono e ci andava bene tutto.Quando ricevevo palla cercavo l’astuzia di procurarmi falli dal limite o da posizioni pericolose da cui Alvaro avrebbe potuto calciare punizioni insidiose. Era nato qualcosa tra me e lui di davvero spontaneo, ci divertivamo veramente . A fine carriera gli hanno chiesto con quale attaccante si era trovato meglio sul campo: lui disse Maniero, fu una grande soddisfazione per me” .

Recoba fuori dal campo: “L’emblema di quel Venezia era lui, la nostra salvezza passava per le sue giocate. Quindi era un po’ coccolato da tutti: allenatore, giocatori, staff. Era un ragazzo talmente simpatico e alla mano che trasmetteva la sua allegria e la sua gioia per il calcio giocato in ogni contesto. Aveva però una grande pecca, ciò che non l’ha fatto entrare tra i più grandi del calcio: tecnicamente non aveva pari, ma era svogliato, non gli piaceva allenarsi".

Dietro a una grande coppia c'era però anche un grande gruppo: “Di veneti c’eravamo io, Pavan, Dal Canto, De Franceschi, Ballarin. Poi c'era Marangon che era proprio veneziano. Quindi la lingua della squadra era il dialetto veneto, per tutti. Chi non capiva si adeguava. Qualche parola l’ha imparata anche il Chino. Al di là di noi che segnavamo, gran parte del merito era dei nostri compagni: ci aiutavano a fare gol e soprattutto si dannavano l’anima per non prenderli. Un gruppo veramente fantastico, affiatato: ogni tanto ci sentiamo ancora oggi. Per me resta uno degli anni più belli della mia carriera”.