ESCLUSIVA - Novellino: "Che gruppo il mio Venezia, sempre nel cuore!"

11.05.2020 18:34 di  Davide Marchiol  Twitter:    vedi letture
ESCLUSIVA - Novellino: "Che gruppo il mio Venezia, sempre nel cuore!"
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© foto di Daniele Buffa/Image Sport

“Certo che seguo ancora il Venezia, ce l’ho nel cuore”. A parlare è Alfredo Walter Amato Lenin Novellino, un nome lungo, quanto la storia d’amore con Venezia, un’avventura che nel concreto è durata solo due, bellissimi anni, ma che nei cuori continuerà forse per sempre. Il tecnico della promozione in A dei Leoni ha parlato in esclusiva ai nostri microfoni. Una chiaccherata rapida, ma panoramica, sperando in futuro di poter sviscerare altre cose insieme a lui con però per le mani il calcio giocato, quello vero. Spazio alle sue parole. “Il Venezia, sta facendo “bene”, nel senso che ha un bel gioco, c’è un allenatore giovane, molto in gamba. Lupo è preparato, l’ho avuto nella mia esperienza a Torino lo conosco e so che lavora egregiamente. Ho bellissimi ricordi…”

Prima dei ricordi però non si può non parlare della ripresa, un’eventualità che sembra sempre più concreta: “Per provare bisogna provare, se gli scienziati decidono che si può fare non vedo perché no. Il calcio è un aiuto psicologicamente per la gente. C’è da dire che bisognerà però vedere come reagiranno i giocatori a una situazione del genere, con prima allenamenti individuali, poi di gruppo, poi di squadra e le partite nelle condizioni che sappiamo, mentalmente non è semplice”

Come si fa dal punto di vista dell’allenatore a caricare dei ragazzi che magari hanno vissuto anche da vicino la problematica del Covid? “L’allenatore non può avere il polso della situazione personale chiaramente, parliamo di ragazzi con una famiglia, dei figli. Vanno incoraggiati e sostenuti e l’allenatore deve, insieme al medico, impostare un dialogo quotidiano con loro perché parliamo di situazioni molto delicate. Dev’esserci quasi uno psicologo a veicolare il messaggio di allenatore e medico, altra figura che sarà importante”

La preparazione atletica e il dove giocare sono due nodi che però vanno ancora del tutto sciolti: “Dal mio punto di vista è giusto provare a ripartire anche facendo giocare le squadre di zone duramente colpite altrove, finire il campionato che è già stato iniziato lo vedo come la cosa più giusta da fare. Fisicamente si può fare, chiaramente la preparazione non sarà come quella estiva, ci si preparerà più sulla velocità, ci saranno i cinque cambi. Sarà tutto un po’ diverso, ci si dovrà allenare come se tutti avessero le coppe. Attenzione solo agli infortunii, se non si prenderanno le giuste precauzioni possono arrivare”

Dei due anni a Venezia si è parlato molto, ma c’è un qualcosa che l’è rimasta più impressa di altre? “La squadra, facevamo il 4-2-3-1, giocando molto sugli esterni, un po’ quello che fa Fonseca oggi, ma lo facevamo allora, eravamo dei precursori, poi gente come Recoba, Maniero o Pedone funzionava. Quello che resta impresso è il gruppo che si era creato. Io ho un carattere un po’ particolare – continua Novellino -, ma si creò grande alchimia. Faccio un esempio, al giovedì facevamo un incontro di squadra, ma solo per prendere un caffè e parlare della squadra avversaria. Recoba puntualmente era in ritardo. Allora un certo punto i ragazzi si organizzarono per andare a prenderlo ed essere tutti puntuali. Ho sempre puntato sul gruppo in tutte le piazze in cui sono andato. Marangon, Iachini… tanti ragazzi che hanno fatto nascere qualcosa che mi porterà sempre dentro”.

C’è un giocatore del Venezia odierno che l’ha colpita oppure è proprio il gioco in campo a rimanere impresso? “Fa un bel gioco, che rimane molto impresso. Tanti giovani sono bravi e, soprattutto, sono disposti al sacrificio, alla corsa, hanno voglia e seguono Dionisi. In questi casi è il gruppo che si crea che fa la reale differenza più che il singolo”

Per qualcuno che vede il Venezia dall’esterno c’è sì lo zoccolo duro, ma la piazza è un po’ fredda, lei dall’interno come l’ha vissuta? “C’è da dire che abbiamo fatto due annate strepitose quando c’ero io e che il pubblico ci ha sempre trascinato. Magari qualcuno può sentire, avere la percezione di una piazza fredda perché c’è il viaggio da fare in traghetto, non è semplice da raggiungere lo stadio, ma è anche un po’ il fascino di Venezia questo. Arrivavamo con il battello con la bandiera, sembravamo un po’ dei pirati e quando arrivavamo non ce n’era per nessuno!”