Campilongo: "Al Venezia ottimo rapporto con ambiente e tifosi. Rammarico solo per i risultati"

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Nel consueto appuntamento settimanale con Talk Show TVS ha partecipato Sasà Campilongo. L'ex attaccante, oggi allenatore, tra le moltissime maglie indossate in carriera è stato protagonista con quella del Venezia dal 1992 al 1994, disputando 54 partite impreziosite da 14 gol, Memorabile è poi la tripletta alla Juventus nel match di Coppa Italia vinto con il risultato di 4-3 della stagione 93/94. Nell'intervista ha parlato dei suoi trascorsi nel biennio in maglia arancioneroverde.
Qual è la differenza tra la Serie B negli anni in cui giocasti, parsa come un A2, piuttosto che quella attuale nel quale si assiste a grandi errori tecnici e nel quale i giovani faticano a emergere? Il modo con cui si può andare a cercare la promozione è paragonabile o le esigenze tattiche e atletiche sono cambiate?
Le esigenze tattiche sono cambiate e l'attuale Serie B non è più quella di una volta nel quale giocavi con la Fiorentina di Batistuta, Effenberg, Iachini, oltre ad altri tanti giocatori. Così come con il Bari di Joao Paulo, Taglialatela e Gerson o il Pisa di Sciamozzi e Simeone. Giocatori di livello che hanno fatto anche la Nazionale. Quindi era un altra storia e i valori sono andati un pò scemare da un punto di vista della tecnica dei calciatori. Però è migliorato sotto l'aspetto tattico perché gli allenatori sono molto bravi, studiano e si aggiornano tanto. Inoltre è cambiata anche la preparazione fisica sotto l'aspetto della metodologia. In sostanza, si è perso su quello tecnico ma si è migliorati su quello metodologico e tattico.
Un ricordo di quel biennio passato a Venezia dentro e fuori dal campo e del giovane Vanoli?
Paolo era un professionista straordinario già da giovane. Con lui ho fatto il master per quasi un anno del Uefa Pro: era un ragazzo molto attento alle lezioni; non gli sfuggiva niente. Me lo ricordo quando allenavo l'Avellino in Serie B e lui era molto giovane. Da giocatore era già un pò "anziano", cioè già proiettato a quello che poteva essere suo futuro. Un ragazzo semplice, un grande lavoratore, meticoloso e poi fisicamente era un martello, una forza della natura. Veramente in gamba. Quell'anno giocò un pò poco perché c'era Andrea Poggi davanti, mentre quello con Ventura fu la sua consacrazione. Si vedeva che aveva le qualità sia come giocatore che da bravo allenatore.
I risultati non hanno accompagnato quella che era la qualità di quel Venezia:
Si, infatti c'è stato molto rammarico, specialmente il secondo anno. Giocavamo molto bene con Ventura: siamo partiti benissimo, ma nella seconda metà di stagione abbiamo avuto un calo. Non so per quale motivo... un pò per infortuni abbiamo perso qualche uomo importante e anche un pò di smalto. Non abbiamo fatto bene. Forse siamo andati meglio in Coppa Italia che in campionato anche se c'è stato un periodo in cui siamo stati al primo posto per qualche settimane. Non siamo stati capaci però di dare continuità ai risultati.
Al di là della tripletta alla Juventus, cosa ricordi con maggior piacere del periodo al Venezia?
Io sono stato bene a Venezia. Avevo anche la famiglia e i bambini piccolo. Il primo anno ho sofferto un pò perché abitavo a Mogliano nel quale ho anche un aneddoto: mister Zaccheroni era andato a Bologna ad allenare e voleva a tutti i costi portarmi con lui. Allora venne il presidente Zamparini con Sogliano e disse che se mi voleva doveva portare 2 miliardi. Invece alla fine sono rimasto e sono venuto ad abitare in centro a Mestre in via Capuccina e sono stato benissimo. Quindi il primo anno ho sofferto un pochino per la lontananza da Venezia a Mogliano e i bambini piccoli, ma il secondo veramente bene.
Non posso dimenticarmi il gol che ho segnato al Padova e che valse il pareggio per 1-1 con la Curva che è scesa giù dall'ultimo anello fino alla porta. Oltre alla tripletta alla Juventus mi ricordo quella al Bari e un altra doppietta. Sono anni che mi sono rimasti dentro, così come la gente. Mi dispiace solo che essendo molto lontano non sono potuto venire molto. Sono venuto l'ultima volta da allenatore quando vinsi il campionato con la Cavese in C2 e facemmo la Supercoppa con il Venezia che aveva vinto il campionato con Di Costanzo, vincendo per 2-1 al Penzo. Ci ritornerò per venire a trovare Paolo e mi farebbe piacere vedere qualche partita.
Ci puoi raccontare le sensazioni dello Stadio Penzo rispetto agli stadi delle altre piazze?
Penso sia uno stadio unico al mondo. Trovare lo stadio su un isola, sull'acqua, sulla laguna non penso che esista altrove. La prima volta che abbiamo preso il motoscafo e il traghetto è stato quando ho firmato il contratto il 14 ottobre e la sera giocammo con l'Inter. Non eravamo neanche andati in ritiro: di solito andavamo il venerdì in ritiro al Biasutti e poi da lì partivamo per il Lido e poi a Sant'Elena a giocare. Invece quella sera partimmo da San Giuliano e siamo arrivati allo stadio. Attraversare la laguna e arrivare al campo, bellissimo, era qualcosa di straordinario.
A me piacciono poi i campi senza la pista. Sono per il pubblico attaccato alla rete e i tifosi che ti stanno vicino, che ti incitano. Non mi piace quando la Curva è lontanissima. Mi ricordo che quando facevo gol mi attaccavo a quella rete per esultare. Era suggestivo. Gli altri giocatori che venivano a Venezia mi dicevano: 'Ma come fate a giocare qui? Fate sempre questo tragitto?' e io rispondevo che ci eravamo abituati e non era un problema. All'epoca poi si parlava già di Tessera, mente gli allenamenti gli svolgemmo il primo anno sempre al Baracca e dal secondo al Taliercio e al Baracca.
Hai giocato al Venezia nel periodo nel quale il VeneziaMestre stava nascendo e si era unita da pochi anni. Come hai visto questa tifoseria nei primi anni della sua unione?
Sono molto legato. Mettere una maglia arancioneroverde era qualcosa di un pò anomalo. Era una bellissima cosa. Tantissime persone mi hanno chiesto la mia maglia storica con il leone o quella Emmezzeta dell'epoca con i calzettoni sempre con il simbolo del leone. E' una maglia storica che tengo gelosamente conservata. Sono stati gli anni che forse, quando feci la sera la prima presentazione con Maiellaro e Verga. Eravamo i tre acquisti di ottobre. C'era una grande festa e una grande euforia. Stava nascendo una grande Unione che stava ricompattando la tifoseria. Lo stadio era quasi sempre pieno, specialmente la Curva. C'erano tantissimi tifosi molto legati. Quando passeggiavo per Venezia, a cui mia moglie piaceva tantissimo, andavo spesso a mangiare molto spesso dove c'era il mercato a Cannareggio alle Poste Vecie.
A Pedro Mariani che dice che ti poteva marcare solo lui cosa rispondi?
A Pedro si possono fare solo i complimenti perché era un grandissimo calciatore. Ha fatto una grande carriera ma poteva fare ancora molto meglio, giocando tranquillamente in Nazionale. Aveva tutto: tecnica, forza, tiro, colpo di testa e non aveva paura di nessuno. Era un leone. Solo lui mi poteva marcare perché ai tempi ero un giocatore molto bravo e forte. Un pò inmarcabile, ma se lo faceva lui secondo me non prendevo nessuna palla da quanto era forte.
Un aneddoto con Pedro è stata una serata in discoteca a Jesolo e caddi da un tavolo in ferro. Sono scivolato e quando mi sono tolto i jeans sotto il calzino sulla tibia avevo tutto tagliato e non mi ero accorto di niente. Su Pedro? Ci vorrebbe un libro (ride ndr).
Cosa c'è nel tuo futuro dopo l'esperienza al Lamezia Terme?
Il mio pensiero è sempre quello di allenare. Aspetto una squadra e nell'ultimo anno ho avuto qualche difficoltà. Ho allenato 5-6 anni in Serie B, tanti in Serie C e e vinto 2-3 campionati. Ci può stare un periodo di flessione e sto aspettando la chiamata giusta. Sono un animale da campo e lavorare da li tatticamente. Credo al 4-3-3 ma poi naturalmente ci deve essere la società che ti supporta.
A Lamezia ero convinto che si potesse fare qualcosa di buono. Con Saladini pensavo avessimo imboccato la strada giusta. Sono arrivato a dicembre, quasi gennaio, e abbiamo fatto bene. La squadra era al 5° posto e l'abbiamo portata al 3°. Abbiamo fatto i playoff e vincevamo 2-0 con l'Acireale ma poi siamo incappati in 5-6 minuti in cui abbiamo preso due gol da calcio d'angolo con Ciccio Lodi che ha messo una punizione straordinaria e un calcio d'angolo che ci sono costati la sconfitta.
Però c'era Saladini che voleva fare qualcosa di importante per l'anno prossimo con 2-3 innesti: un attaccante forte davanti e un centrale difensivo perché ne avevamo persi due. Pensavo che in questo modo avremmo vinto tranquillamente il campionato. Lui mi diceva di non preoccuparmi ma a un certo punto ha comprato la Reggina e se ne va a Reggio Calabria. Li è cambiato tutto. E' scomparso e ha fatto sparire tutto, dal Lamezia alla Reggina.
Peccato perché se lui non avesse fatto questa pazzia di prendersi la Reggina, a Lamezia avrebbe fatto veramente bene. Perché era straordinario: ha sempre pagato, con organizzazione eccellente e non ti faceva mancare niente. Da Serie A. Poi all'improvviso ha voluto fare questa scelta che per me è stata completamente sbagliata.