Bocalon: "Nel gruppo del Venezia non si è ripetuta l'alchimia del biennio precedente, mancati dei dettagli che alla lunga fanno la differenza"

30.05.2022 18:50 di  Davide Marchiol  Twitter:    vedi letture
Bocalon: "Nel gruppo del Venezia non si è ripetuta l'alchimia del biennio precedente, mancati dei dettagli che alla lunga fanno la differenza"
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Riccardo Bocalon ha ottenuto la salvezza ai playout con il Trento, squadra in cui è approdato in questo mese di gennaio dopo sei mesi da fuori lista con il Venezia in Serie A. Il Doge ha rilasciato alcune dichiarazioni al termine della stagione, questo quanto riportato oggi in edicola da La Nuova Venezia: "L'importante era tornare a giocare con continuità: i mesi fuori rosa sono stati davvero tosti, soprattutto dal punto di vista psicologico. Una ogni 180'. Dovevo rimettermi in discussione e staccare. A Trento ho trovato una realtà diversa, ma con voglia di crescere e darmi grande responsabilità: ho colto la palla al balzo per fare gol. Venezia? La società arancioneroverde con me non si è comportata benissimo. Ma io non mi sono mai esposto in maniera negativa, né voglio iniziare a farlo ora. Di sicuro la Serie A è una categoria durissima. Dispiace perché i ragazzi avevano tutte le carte in regola dopo il girone d'andata. Poi si dev'essere rotto qualcosa. Idee sul perché della crisi? Fino a un certo punto. Allo stadio non sono più tornato. E ho cercato di evitare le partite anche in tv: mi faceva troppo male guardarle. Quindi posso solo immaginare che le difficoltà abbiano schiacciato le motivazioni. E che nel gruppo non si sia ripetuta l'alchimia del biennio precedente: c'era competizione sana, uno spogliatoio vissuto in maniera viscerale, propensione al sacrificio. E anche chi giocava meno come me, dava sempre tanto dal punto di vista umano. Dettagli che alla lunga fanno la differenza. Il Venezia ha perso una componente italiana e locale molto importante. Si sa che Paolo e Mattia vivono le dinamiche arancioneroverdi in maniera diversa. E che Zanetti è tra i migliori allenatori emergenti del nostro calcio: paga colpe non sue. Tutto questo sarà un vuoto da colmare. Partendo da un presupposto: Venezia non è un brand, è Dna. Tanti club sono riusciti a creare un marchio vendibile senza incrinare i rapporti con la piazza. Però il rischio è alto. E i tifosi vanno capiti: dopo tanti fallimenti, oggi la curva è tornata incredibile. Avrei pagato oro per giocare in uno stadio così. Un ritorno? Utopia, ma mai dire mai: se mi dovessero richiamare tornerei di corsa. Magari mettendo dei paletti, per non ripetere certe situazioni. Ma le porte, per il mio Venezia, sono sempre aperte".