L'Unione diventa storia. Ad un solo passo dalla leggenda.

Diteci la verità, ci volete morti vero? Ci provate gusto a vederci soffrire sui nostri divani. Mi immagino già il sorrisetto di Fiordilino mentre mi vede ad un solo istante dall’infarto sul rigore di Aramu. Lo posso visualizzare il ghigno soddisfatto del mister quando Mancuso spara alle stelle il rigore del vantaggio, ed i miei muscoli involontari iniziano ad inneggiare la rivoluzione sul ritmo di una samba brasiliana. Che v’importa se qui un intero popolo soffre le pene dell’inferno, si fonde in un unico grido di sofferenza e vittoria, diteci la verità.. cosa si prova ad entrare nella storia di una squadra di calcio? Cosa sentite mentre metabolizzate il fatto che intere generazioni parleranno di voi come il VeneziaMestre più forte della storia? Quando tra decenni qualche ragazzino ormai cresciuto ripeterà la filastrocca che inizierà con “Maenpaa, Molinaro, Ceccaroni, Svoboda, Mazzocchi, Taegordaeu, Mal….. e via così. Come si può decifrare il senso di giustizia che ci avete regalato questo pomeriggio. In 90 minuti ci avete riconsegnato il senso dello sport, della purezza, della nobiltà d’animo e dell’’orgoglio. E’ stata una partita di calcio, anzi è stata LA partita di calcio. Il senso del drama ad i suoi massimi livelli, fatto di gente che non ha dormito né pranzato, di una città che improvvisamente si è sentita unita intorno alla propria squadra di pallone. Mancavano le sirene suonare da quel di Marghera, ma per il resto era aria di battaglia. Nel quartiere, nelle chat, nei cuori di ogni unionista che aveva più paura del senso di lutto che una eliminazione avrebbe portato, anziché della sconfitta in sé. Ma come si può spiegare ciò che abbiamo vissuto? Come si può raccontare la fatica nervosa che ogni veneziano ha provato in questo epico match? E’ qualcosa di mistico, un regalo che non ci sentiamo di meritare, qualcosa che va ben al di là dei nostri sogni più reconditi. Ripercorro il mio pomeriggio e mi appare come il Nirvana, come la ricompensa di tutte le mie scelte sbagliate, esattamente come un’epifania trovata in tarda età. Mi sono sentito abbracciato da migliaia di unionisti, di tutti quelli che amavano questi colori e poi si sono allontanati, di quelli che invece non hanno mai mollato, di ogni ragazzo che non sa, non comprende, ma poi chiede il risultato dell’Unione al primo capitato. Questa squadra è l’emblema delle nostre città. Contro tutto e tutti, contro la Gazzetta che si augurava la finale Monza-Lecce, contro Dazn che sembra scegliere commentatori patavini ad ogni scontro, contro chi alla prima difficoltà parlava di una società ad ambizioni ridotte, contro a chi censura il nostro entusiasmo perché non vuole riconoscere che la terraferma sia arancioneroverde. Contro tutto ciò, i ragazzi hanno saputo regalarci un match terribilmente sublime. Una fatica epica, contro un Lecce in ottima forma, esperto nel far sentire i tacchetti, abile nel metterci alle corde e sfruttare i nostri momenti di bassa autostima. Ma per la prima volta siamo stati capaci di arretrare il baricentro, una scelta che ha portato un’intera città sull’orlo della disperazione, prima di comprendere che, nonostante tutto, gli spaventi fossero minimi. Ma come ogni bella trama, è il colpo di scena a regalare la fama, l’immortalità. La traversa di Molinaro il primo segnale, il rigore di Aramu il secondo. Ma il rigore di Mancosu sarà quell’immagine stampata e indossata sulle sciarpe della prossima curva sud, un momento di tale pathos che moltissimi di noi credeva irraggiungibile. Quel brevissimo istante che si percepisce prima di addormentarsi. Quel brivido che si sente quando si scorge un binomio di colori arancioverdi, oppure la stessa sensazione che si prova quando all’estero si inarca il petto e si dice: “Eh si, sono veneziano”. Chissà se questi ragazzi si rendono conto di ciò che ci stanno facendo vivere. Chissà se saperlo gli farebbe tremare le gambe oppure tirare fuori le forze più inaspettate. So solo che da quando ho sei anni, ho compreso come una delle cose che mi portassero più gioia fosse la vittoria del VeneziaMestre. Ho compreso presto anche come questo mi avrebbe portato rare soddisfazioni e sparuti orgasmi nella mia vita. Ora però so che probabilmente ne è valsa la pena, che la squadra di pallone non è solo un simbolo, o un passatempo, ma è l’unione dei miei ricordi, la fusione con le stesse emozioni di mio nonno, di mio zio, di mio padre e dei miei amici. Per qualche infinitesimo istante mi sono sentito insieme a tutti loro, sono stato un veneziano, un mestrino, sono parte di questo popolo.
E mentre mi rendo conto che tra 180 minuti sarà finita questa cavalcata straordinaria, scorrono le immagini di una stagione meravigliosa. Ci è capitata la fortuna di tifare VeneziaMestre in questa annata inaspettata. Ci sentiamo parte di qualcosa di speciale. Qualsiasi cosa succederà, questa squadra 2020-2021 diventerà storia. Ancora un piccolo passo, ancora più stretti intorno a questi magici ragazzi. Domenica c’è bisogno di una città colorata di due soli colori, i colori dell’Unione.
Avanti Unione mia, Avanti!!!