L'Unione crolla nella serata più importante

E’ la notte più buia per l’Unione. Una serata in cui esplodono irrimediabilmente tutti i limiti di una squadra che ci ha provato, ha lottato, ha tenuto viva la speranza di un incredibile salvezza, ma purtroppo non oggi. E’ mancato tutto nelle file arancioneroverdi, dall’atteggiamento iniziale, fino alla mancata reazione agli schiaffi sardi. I dubbi su un VeneziaMestre che per un paio di mesi sembrava aver superato persino le proprie amnesie e difficoltà escono tutti insieme nella sfida che avrebbe dovuto decidere, e probabilmente ha deciso, il nostro campionato. Gli errori di una società che a gennaio ha mancato clamorosamente un intero reparto vendendo un simbolo della squadra e della città sostituendolo con giocatori che faticherebbero pure in categorie inferiori, si sono palesati nel momento peggiore, proprio quando leadership, esperienza, voglia ed intensità erano le uniche armi che avrebbero potuto cambiare la nostra storia. Invece l’Unione gioca la peggior partita dell’anno, attanagliata da una paura che ha impedito ai ragazzi la benché minima speranza; deconcentrati, confusi, annichiliti da un avversario con il dente avvelenato che ha gettato sul terreno una sete di vendetta che ha superato di gran lunga la nostra fame di vittoria. Non c’è stata storia, e non ci sono alibi. In un torneo che ci ha concesso più di una chance per tornare in scia, non siamo stati all’altezza ed ora servirà un vero e proprio miracolo per tornare a sperare. E’ il momento più duro per questa città, per questo popolo che negli ultimi giorni aveva abbracciato la sua squadra, si era compattato alla ricerca di un sogno che in pochissimi avrebbero pensato credibile. Non c’era piazza, bar o ristorante in cui l’Unione non fosse uno degli argomenti; non si era mai vista una tale febbre arancioneroverde come nelle ultime settimane, dove la truppa di Di Francesco ci aveva concesso l’illusione dell’impresa. Ma il calcio è così. Non accetta improvvisazioni, non prevede scuse quando non ci si mette tutto ciò che si ha per ottenere l’obiettivo. E se i ragazzi il loro hanno tentato di farlo, non si può dire altrettanto di una società che ha concesso il minimo indispensabile per guadagnarsi un nuovo giro di giostra. Ed è anche superfluo entrare nella pura cronaca di una sfida che ha visto i cagliaritani dominare in ogni zona del campo, uscire vincenti da ogni duello, smaramaldeggiare per il terreno di gioco come se fossero loro quelli che si stavano giocando un intero campionato. L’Unione ha subito il primo giallo chirurgico di Idzes dopo tre minuti, ha abdicato perdendo Oristanio, e si è arresa di fronte ad un Cagliari che ha comandato sulle palle da fermo, trovando i due gol che hanno deciso la serata. Tutta la pochezza delle alternative veneziane hanno completato il desolante quadro, finendo la gara con la riserva di Pohjanpalo e la riservissima dell’ultima in classifica. Sperare di salvarsi così era un’utopia che abbiamo cullato per giorni, ma non è questo il modo di affrontare la seconda grande opportunità avuta negli ultimi tre anni. Continueremo a sognare fino all’ultimo istante un mondo diverso, un destino che incredibilmente prende la via meno prevista. Ma la realtà è che no, presidente, nemmeno questa volta eravamo pronti per la massima serie. Ed il problema più grande è che, forse, pensavate veramente di esserlo. Ora fateci capire chi siete e cosa volete fare da grandi, perché i 183 eroi che sono impazziti per scendere in Sardegna, la folla che questa sera aveva riempito Forte Marghera del suo entusiasmo, e tutte le migliaia di unionisti che hanno sofferto davanti alle tv, meriterebbero gente con ambizione, umiltà e rispetto per una città che quest’anno ha dato prova di una passione e di un orgoglio che, stasera, non si è proprio visto. Avanti Unione, fino alla fine.