Tre spunti su Venezia-Roma: il ritorno della "maggica" Unione

Appuntamento settimanale per parlare a ruota libera di 3 argomenti tratti dalla partita del weekend. Il Venezia torna a vincere.
11.11.2021 10:12 di Davide Turco   vedi letture

Torna il nostro appuntamento settimanale per parlare di Venezia-Roma, con il Venezia che trova la terza vittoria stagionale in un Penzo strapieno contro una Roma colpita in pieno nelle sue fragilità. 

Sono giovane, di magiche imprese come questa io avevo visto solo i video, ma mai avrei immaginato cosa sarebbe stata in grado di provocare. La cosa più vicina a essere chiamata grande impresa che io ho vissuto è probabilmente la partita d’andata con l’Empoli dello scorso anno, giocata nella nebbia di Sant’Elena e finita il giorno dopo. Quella partita fu clamorosa perché battemmo l’Empoli di Dionisi fino a lì imbattuto e forse per la prima volta capimmo di poter fare qualcosa di speciale. Purtroppo però la prima parte di quella impresa può raccontarla solo chi era sul rettangolo verde quel giorno. 

Quella di domenica scorsa invece, vissuta allo stadio insieme ad altre 8000 persone, dopo un anno e mezzo di pandemia, ha un sapore decisamente diverso e la mette per forza di cose in cima alla lista dei miei ricordi arancioneroverdi. 

1. Il nostro Special One

C’era molta attesa per l’arrivo in laguna di uno degli allenatori più vincenti di sempre, questo perché la comparsa di certi personaggi spesso certifica, nelle menti delle persone, il livello a cui siamo finalmente arrivati. In tutta questa attenzione verso lo Special One però la gente tende rapidamente a scordarsi quello che ha combinato l’anno scorso colui che siede, invece, sulla nostra panchina. 

Per carità, per vincere quello che ha vinto Mourinho devi essere un fenomeno, e non sono di certo io a doverlo dire, ma anche fare una promozione con giocatori semi-sconosciuti presi da campionati che il 99% delle società nemmeno considera, giocatori appena retrocessi in C e con una squadra che l’anno prima si era salvata solo all’ultima giornata non è mica facile. 

Ma dal primo giorno qui l’impressione è sempre stata che davvero Zanetti fosse la persona giusta al posto giusto, e certe cose sono difficili da spiegare. Così come è difficile spiegare il capolavoro tattico messo in piedi da Zanetti, che è riuscito a vincere la partita con i cambi contro una squadra che ha potuto mettere dentro Carles Perez, Zaniolo e Mayoral tutti nel secondo tempo. 

Magia nera? No! San Paolo Zanetti da Valdagno. 

La scelta iniziale di giocare con Okereke prima punta è presto spiegata alla lettura della formazione della Roma, che gioca con tre difensori centrali, tutti molto fisici e prestanti, ma che non fanno della velocità la loro arma migliore. Scelta è anche quella di giocare con due treni sulle fasce contemporaneamente, per cercare di abbassare i due quinti della Roma offendendo anziché facendo il contrario. E guarda caso, a parte il goal iniziale di Caldara, praticamente tutte le occasioni che abbiamo nel primo tempo sono su lanci in profondità per Okereke che si divora i difensori così come si divora i goal davanti alla porta. 

Nel secondo tempo mette immediatamente dentro Sigurdsson passando a un 4-3-3 abbastanza lineare. Sigurdsson di per sé non fa granchè, ma ha il grande “merito” di spostare Aramu sulla fascia destra, dove, a piede invertito, ricomincia a trovare gli spazi e i tempi che aveva perso nel finale di primo tempo. 

Poi, non appena trovato il 2-2 un allenatore normale, sulla scia del goal del pareggio, avrebbe probabilmente buttato dentro un attaccante per provare a vincerla. Zanetti, invece, mette dentro un difensore per un centrocampista. Vuole difendersi con i denti e portare a casa un pari, penseranno in molti. Allora non conoscete Paolo Zanetti. 

Il passaggio alla difesa a tre non fa altro che liberare ancor di più i due treni sulle fasce, oltre a fornire un’eccellente densità in una zona di campo ormai costellata di attaccanti giallorossi. Infatti questa mossa non fa arretrare la squadra di un centimetro, ma bensì la porta a trovare addirittura il goal del 3-2 con un delizioso pallone di Ampadu che mette Okereke da solo davanti a Rui Patricio, senza questa volta mancare la porta. 

Poi allora sì che decide di mettere una diga davanti alla porta, con l’inserimento di Tessmann, che di dighe se ne intende, e di Ebuehi che dà il cambio a uno stremato Mazzocchi. 

E infine, giusto per non sprecare l’ultimo slot rimasto, fa prendere la standing ovation a Okereke e una traversa a Henry.

La squadra neopromossa eravamo noi, e l’abbiamo vinta con i cambi. Scusatemi ma ancora non riesco a capacitarmene. Deve essere per forza magia nera. 

2. Magia nera

Oggi parliamo solo di cose belle, ma in questo punto parleremo di cose SUBLIMI. 

Chiedo a voi, se ci riuscite, a dirmi cosa è più magico tra: 

a)    Il salvataggio in rovesciata di Ridgeciano Haps sulla linea di porta (fatemi anche sapere se volete firmare la petizione affinché la rovesciata di Haps diventi l’immagine ufficiale per la copertina delle figurine Panini)
b)    Il lancio millimetrico di Ampadu, che sembra avere una traiettoria ad uscire, ma che invece rimbalza a rientrare, mettendo Okereke davanti alla porta
c)    Il mezzo doppio passo con cui Okereke spiazza Rui Patricio (perché di fare goal normali lui non è capace)
d)    L’esultanza di Okereke
e)    Il tiro al volo di Henry
f)     Il tunnel di Tessman 
g)    Il Penzo pieno che canta i Pitura Freska

Votazioni aperte

3. MARCO MODOLO

Non ve la prendete se non ho messo l’esordio in Serie A di Marco Modolo tra le cose sublimi. Se lo avesse fatto con un’altra maglia sarebbe stato sublime. Con la nostra maglia va oltre il sublime. 

Pensare a un giocatore che, dopo una promozione in serie A, seppure non da protagonista, decide di scendere in serie D, vicino a casa, sposando un progetto ambizioso ma ancora tutto sulla carta, e con quella stessa squadra riesce in sei anni a salire dalla D alla A è pura fantascienza in un calcio come quello di oggi, in cui l’identità si è sempre più andata perdendo in favore del Dio Denaro. 

Sebbene abbiamo spesso contestato anche alla nostra società forti problemi identitari, dalle maglie al fatto che essa sia sempre più una azienda percepita come “distante” dalla propria tifoseria, storie come quella di Modolo aiutano ad affievolire il tutto, aiutano a capire che esiste ancora una certa idea di calcio. 

È per questo che l’esordio in Serie A di Marco rappresenta per me più di una semplice giocata tecnica, di un goal all’incrocio o di un Penzo pieno. L’esordio di Modolo è una vittoria per tutti, per chi ha iniziato quel progetto nel 2015 ripartendo dai campi di provincia, per tutti i giocatori che hanno difeso in questi anni la nostra maglia, per tutti i tifosi che, in ogni campo, da quello di Dro fino a San Siro, non hanno mai fatto mancare il proprio sostegno. E infine per Marco Modolo, unico filo conduttore di una società che rispetto a quel 2015 è cambiata radicalmente, un ragazzo che ai soldi e ai riflettori ha preferito diventare una bandiera. Ceccaroni vuole dargli la fascia, l’arbitro non glielo permette. Ma a certi giocatori non serve una fascia per rappresentare non una bensì due città. Questa è la vera magia. 

Sto ancora riflettendo se esista effettivamente qualcosa di più bello dell’esordio in serie A con la nostra maglia e forse qualcosa l’avrei trovata. Il goal del 4-2 sotto la Sud appena entrato. 
No dai, forse quello sarebbe stato troppo per un cuore giovane come il mio. Grazie Rui Patricio.